Uno strumento, il pianoforte. Un genere, il jazz. Alessandro di Liberto, pianista e insegnante di musica, è riuscito a trasformare la sua passione in talento e il suo talento nel suo mestiere.

La passione per la musica mi accompagna da sempre. Ricordo che quando avevo setto-otto anni mio padre mi regalò una chitarra che lui sapeva a malapena strimpellare. Mi insegnò quel poco che sapeva fare e dopo di ciò mi sentii libero di sperimentare liberamente sullo strumento e trovare a orecchio alcune parti di canzoni che in quel periodo ascoltavo alla radio.

Alessandro ha i primi approcci con la musica attraverso la chitarra, che suona in piena libertà, senza condizionamenti. Questo determinerà il suo destino da musicista.

Imparai tante cose da solo, ma non avendo avuto una guida che mi desse un’impostazione corretta mi sentivo limitato; cercai così un maestro e feci anche un’audizione, ma ormai avevo la mia impostazione “scorretta” e lo stesso maestro a cui mi rivolsi mi disse che sarebbe stato per me molto difficile ricominciare da capo. Per questo motivo, pur essendo già grande (avevo 16 anni) decisi di iniziare a studiare il pianoforte che da sempre era la mia vera passione.

Così, Alessandro comincia a suonare il pianoforte, quello che diventerà il suo strumento. In famiglia due zii suonano lo stesso strumento e uno dei due finisce per avere un ruolo di primo piano nella sua formazione musicale.

Ho due zii che sono pianisti classici e uno di loro insegna tuttora al Conservatorio di Cagliari, il Maestro Stefano Figliola. Ricordo che da piccolo andavo spesso a casa sua e lo sentivo studiare molte ore di seguito, il che non faceva altro che alimentare la passione “nascosta” che avevo per quello strumento. Credo di dovergli tanto, anche perché fu lui il mio primo maestro.

Stefano Figliola è il primo, ma non l’unico maestro di Alessandro: un altro, importantissimo insegnante viene dalla terra dei tulipani.

Oltre a Stefano, devo molto al mio insegnante di piano jazz che mi ha seguito per ben sei anni di seguito quando ero all’estero, in Olanda. Il suo nome è Rob van Kreeveld, un pianista estremamente capace con una grande preparazione sia classica che jazzistica alle spalle e un suono di pianoforte che forse è il più bel suono che io abbia mai sentito uscire da quello strumento.

Alessandro Di Liberto - spartito

Lo studio in Olanda dà un imprinting fondamentale al suono di Alessandro e gli permette di fare esperienze che in Sardegna, e forse addirittura in Italia, non avrebbe potuto fare.

In Olanda ho trovato stimoli che in quel periodo, gli anni ’90, non avrei potuto trovare qui in Sardegna, c’è un livello musicale altissimo, non solo nel jazz, e ci sono tanti ragazzi che vengono a studiare da tutte le parti del mondo. In Italia da qualche anno sono nati i dipartimenti jazz nei Conservatori, ma all’estero da sempre si investe molto di più: oltre alle lezioni individuali col proprio docente, ci sono tantissime masterclass di gente da tutto il mondo e molte jam sessions nei locali della città. I continui confronti con musicisti di tutti i livelli fanno crescere molto in fretta.

 La musica che insegna a vivere

Alessandro suona e insegna jazz. Gli chiediamo perché abbia scelto un genere così bello e così complicato, così affascinante e così dannatamente esigente.

I motivi per cui ho scelto il jazz sono tanti, credo; il genere rispecchia il mio carattere, mi ritengo una persona eclettica e il jazz ti permette una grande libertà espressiva. Inoltre quando suonavo la chitarra ho imparato da solo tantissime cose, fidandomi per anni solamente del mio orecchio e dell’intuito; cambiando strumento, non potevo più mettere da parte queste due qualità ormai così sviluppate.

A influire sulla scelta di Alessandro è anche un disco, in particolare un disco suonato da due mostri sacri del genere.

Un giorno, a casa di un amico, ascoltai il mio primo disco di jazz, Duet, suonato da Chick Corea e Gary Burton. Pensai: “questa musica è meravigliosa!”. Fu amore a prima vista, registrai quel LP su una C90 e per mesi ascoltai solo quel disco, cercando di tirar giù a orecchio più che potevo.

Fare il musicista in Sardegna, si sa, non è la cosa più facile del mondo. Per questo Alessandro suona e insegna ovunque lo chiamino: un musicista, se di musica vuole vivere, non deve avere confini.

Se dovessi fare il musicista soltanto in Sardegna, forse mi sarei già cercato un altro lavoro. In realtà io suono e insegno un po’ dappertutto, mi capita anche di andare all’estero per concerti e come dicevo insegno di base al Conservatorio di Bari. Chi fa il musicista solo nell’isola e non ha contatti con realtà esterne non se la passa tanto bene, credo… poche sono le realtà che ti permettono di esprimerti e le paghe dei club o delle poche rassegne sarde non permettono di poter campare di musica. Forse qualcuno riesce a farlo vivendo principalmente di lezioni private, ma per esperienza posso dire che non sono mai una fonte sicura.

Alessandro si è preso la soddisfazione di suonare a fianco di grandissimi musicisti in festival di richiamo internazionale. Le gioie, insomma, non gli sono certo mancate.

L’anno scorso, al Glasgow Jazz Festival, ho suonato con Joe Locke (un gigante del vibrafono jazz), Darryl Hall e Alyn Cosker: è stato bellissimo. Questa è di sicuro l’esperienza più eclatante: all’estero non conta più se sei sardo, lombardo, alto o basso, si valuta la musica che fai e la tua capacità di reggere un palco del genere; ho ottenuto un grande successo di critica e ne vado orgoglioso. Ho suonato in duo con Paolo Fresu nel 2003 a Viterbo, con Ian Shaw a Salerno, con Rosario Giuliani ho fatto il mio ultimo disco e alcuni concerti. Ho collaborato con Boltro, Di Battista e tantissimi altri. Insomma, sono soddisfatto della mia carriera finora.

È facile per Alessandro dire cos’è per lui la musica, più difficile è spiegare a parole le emozioni che prova quando siede alla tastiera.

Per me la musica è la cosa più importante della mia vita, la molla che mi fa andare sempre avanti. Mi piace suonare, parlare di musica con altri musicisti e con gli allievi. La musica mi ha indirettamente insegnato a vivere, a elaborare le mie parti più “oscure”, a stare insieme agli altri. Credo che per certe emozioni non ci siano parole adeguate!

Da insegnante, Alessandro coglie ogni occasione per migliorare come musicista e come persona: un insegnante capace deve saper trasmettere passione e aiutare gli allievi a realizzarsi.

Da tre anni ho la cattedra a Bari, ma insegno anche a Cagliari dal 2004. L’insegnamento ti completa perché ti “obbliga” a spiegare alcuni concetti importanti agli altri, dunque ti chiarisce allo stesso tempo le idee. Inoltre è un lavoro di comunicazione, ci vuole amore per il prossimo e bisogna riuscire a gioire per i successi di un’altra persona, perché per essere un bravo insegnante devi avere prima di tutto a cuore la riuscita di un altro. A me piace molto insegnare, perché imparo molto io stesso nel farlo. In termini sia umani che musicali.

Alessandro non può che citare i giganti del jazz come punti di riferimento e fondi di ispirazione, nella ricerca però di una sua, personalissima via nel mondo della musica.

Ce ne sono tanti, alcuni li ho citati prima: Chick Corea, Gary Burton… ma anche Keith Jarrett, Stan Getz, Herbie Hancock, Kenny Wheeler. Potrei stilare una lista interminabile, ognuno di loro mi ha dato qualcosa. Quando ero un ragazzo alle prime armi mi innamoravo di un musicista e ascoltavo solo quello fino allo sfinimento, è una cosa che spesso capita agli inizi. Poi col tempo capisci che te ne piacciono tanti e senza rinnegare le influenze vuoi solo essere te stesso. Impresa ardua… magari ne parliamo in una prossima intervista!

Il futuro? Musica, musica, musica:

Voglio continuare a realizzare dischi, prendere contatti con tanti altri musicisti, suonare in giro, insegnare ad allievi motivati. Insomma, continuare ad espandermi nella direzione che già da anni ho intrapreso.

Alessandro Di Liberto è un pianista jazz e un insegnante, ma soprattutto una persona innamorata della musica: le sue parole sono lì per dimostrarlo. La sua carriera ha già toccato molti “alti”, ma noi di Sardegna Creativa gli auguriamo di andare sempre più su.

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Le foto sono di Sara Deidda.