Se da bambina tuo padre ti riserva una parete della casa per disegnare e ti regala colori e pennelli, è probabile che il tuo destino sia già segnato: la pittura farà parte della tua vita.
È quello che è successo a Francesca Rais, in arte Frais (acronimo di Folli Rielaborazioni Astratte di Immagini e Sensazioni), pittrice e graphic designer

Quand’ero bambina, mio padre pitturò una giungla nella parete della mia cameretta e mi disse: “L’immaginazione può portarci ovunque, la pittura può farti sognare”. La passione vera è esplosa verso i diciassette anni, quando facevo l’animatrice in un villaggio vacanze: la pittura era un modo per superare lo stress.

Da allora, Frais ha dipinto centinaia di quadri: quelli che non possiede più sono appesi alle pareti di studi di psicologi, psichiatri oppure conservati in gallerie d’arte.  Come tutti i pittori, Frais ha attraversato diverse fasi:

La pittura a olio ha caratterizzato la prima fase, durata quattro anni. Avevo bisogno di sentire il colore, il contatto con il materiale. Era una pittura quasi schematica, con segni ricorrenti e un alfabeto personale. La seconda fase ha visto il colore come mezzo privilegiato di trasmissione delle emozioni. Ora vivo la terza fase: i protagonisti sono sempre i colori, che lascio sgocciolare su una tela per terra, una tecnica gestuale ispirata a Pollock, uno dei miei pittori preferiti. Ho messo da parte i pennelli. È una fase anarchica, istintiva, mi capita pure di tagliare e graffiare la tela, mischiare i colori con altri materiali. Una cosa è rimasta costante: la mia arte è sempre stata astratta, mai figurativa.

destini

Per Frais la pittura non è un passatempo rilassante, ma una passione travolgente:

Dipingo solo quando vivo stati d’animo forti, turbolenti, magari di notte, da sola o al massimo in compagnia della musica: spesso mi sento quasi in uno stato onirico. Se sono disperata dipingo vortici, e lì mi perdo. Dipingo quello che sento, non quello che vedo. È come andare alla deriva in una zattera: l’approdo è sconosciuto. A volte nascono immagini non volute, e questo mi piace: mi piace stimolare la fantasia di chi guarda, pensare che ognuno possa trovare un’immagine che io non ho creato intenzionalmente.

La pittura di Frais è astratta, ma allo stesso tempo materica, tattile, concreta: una scelta precisa per portare le persone a “toccare” il quadro, non solo a osservarlo con gli occhi. Il colore continua a svolgere un ruolo predominante nelle creazioni di Frais perché motivo di catarsi:

Per me il colore è liberazione.

Solchi Nascosti

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris

Per Frais dipingere è un modo per scaricare le tensioni e rielaborare le emozioni. Per quanto la pittura sia una parte insopprimibile della sua personalità, talvolta il risultato la lascia insoddisfatta: questo genera sentimenti ambivalenti nei confronti delle sue creazioni.

Punto alla perfezione e a volte i quadri che dipingo mi fanno sentire incompleta. Il mio rapporto con i quadri che dipingo è un odi et amo, ma non posso fare a meno di dipingere.

E a proposito di amore, sono tanti gli artisti che ispirano i dipinti di Francesca: Pollock, ovviamente, ma anche Picasso, Mirò e la pittura di Klimt.

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Frais ha esposto le sue opere al Modigliani di Milano, alla Bacheca di Cagliari, a Calitri, in provincia di Avellino, e addirittura a New York, in una galleria di Broadway. Di recente la Biennale di Roma ha selezionato tre suoi quadri (Frais ha dovuto però rinunciare), e presto il Louvre di Parigi esporrà due sue creazioni in alcuni schermi posti dentro il museo, insieme ai dipinti di altri artisti.

Amore, dolore, rabbia, desiderio: la pittura di Frais è un fiume in piena di emozioni intense. I suoi quadri possono turbare o riempire di meraviglia, ma di certo non lasciano indifferenti, proprio no. Se volete un assaggio della sua arte, date uno sguardo alla gallery sul suo sito personale: non ve ne pentirete.